Angelina Bugaro in Spagnolli
(1959 – 2010)
Angelina, infermiera diplomata al Lacor Hospital di Gulu nel nord Uganda, creato dai coniugi Corti, era originaria della regione del “West Nile” al confine tra Sudan e Congo, da una famiglia molto religiosa. Il padre, Kasto, fu per anni un catechista dei primi missionari nella zona. Iniziò la scuola presso il santuario della madonna di Lodonga, l’unico santuario Mariano dell’Uganda. Le suore Comboniane che l'avevano seguita a scuola avrebbero voluto prendesse i voti, ma lei preferì studiare come infermiera e divenne la principale collaboratrice del dr. Piero Corti per la scuola infermiere dell’ospedale di Lacor. Carlo fu colpito dalla gentilezza e dal sorriso aperto di questa ragazza slanciata, che gli portava i medicinali per la forma tubercolare che l'aveva colpito curando i pazienti nel reparto ad essi dedicato. Si fidanzarono dopo il rientro di Carlo dalle lunghe cure a Verona. Carlo la incoraggiò ad iscriversi in Kampala, capitale dell’Uganda a diverse centinaia di km di strade impossibili e pericolose, ad una scuola per Caposala. Così accettarono di potersi vedere solo qualche fine settimana e, in mancanza di poste regolari, si scambiarono messaggi portati da qualche camionista che faceva quel percorso. Scelsero Folgaria per sposarsi, dato che lassù con Luigino Rella Carlo aveva costituito il primo gruppo di appoggio, il “Gruppo missionario folgaretano”. Il matrimonio fu una vera festa popolare quel 10 settembre ‘83, e naturalmente dopo un mese altrettanto avvenne in quel di Arua, la cittadina principale del West Nile. Vennero poi i figli Francesco nell’84, Giovanni nell’86 ed Elisa nel ‘94, che vollero far nascere a Rovereto. Angelina seguiva Carlo in tutti i paesi, tra miseria e guerre, prima in Eritrea poi Etiopia, Camerun e infine Zimbabwe dal 1995. Sembrava loro di essere finalmente arrivati in un paese organizzato, ma fu una breve illusione! Il paese precipitò in pochi anni nella miseria e nella confusione. Poi, tre anni fa, forti dolori al torace e alla colonna vertebrale furono il preludio della malattia, scoperta solo a settembre 2007: ne seguirono la forzata separazione dalla famiglia per fermarsi a Rovereto e curarsi presso la Clinica Ematologia del Policlinico di Verona, una chemioterapia estenuante e dall’esito continuamente inficiato dalle ricadute, il primo trapianto autologo. Dopo una breve stasi della malattia che le permise una parentesi di permanenza a casa in Zimbabwe nel gennaio e febbraio 2009, una nuova pesante ricaduta, ancora chemioterapie devastanti per raggiungere a stento la possibilità di un secondo trapianto di cellule staminali in dicembre, questa volta dal fratello Daniel fatto venire apposta dall’Uganda. Trapianto che, pur riuscito, non ha impedito che gravi complicazioni la portassero via nel giro di tre mesi, di cui l’ultimo passato sotto maschera di ossigeno per insufficienza respiratoria.
Ci lascia il ricordo di un sorriso sempre aperto all’accoglienza, di una pazienza infinita nel sopportare ogni difficoltà, di una serenità che sapeva infondere agli altri malati e al personale che l’ha seguita sia da malata a casa che nell'interminabile periodo finale. Ha sempre lottato per gli altri e per i suoi cari, cui mancherà moltissimo ma che dal ricordo della sua splendida personalità saranno sempre aiutati.
Paolo Spagnolli