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Il paese

La popolazione (40milioni di abitanti su 945mila kmq)  è in maggioranza di origine bantu (120 etnie). L’ aspettativa di vita è di 51anni, reddito pro capite annuo $ 1.353, il 69% della popolazione adulta è alfabetizzata,  mortalità infantile (fino ai 5 anni) 70 su mille nati vivi, mortalità materna 5.3 su mille nati vivi. Il virus HIV è presente nel 8.7% della popolazione tra i 15 e 49 anni.

Nella gola di Olduvai nel Nord della Tanzania sono stati ritrovati i più antichi resti fossili della nostra specie che risalgono a milioni di anni fa. Da allora fino al VII secolo d. C. non sappiamo nulla di ciò che accadde nella maggior parte del continente africano.

A partire da quel secolo fino alla sua indipendenza la storia di questo paese vede la presenza della colonizzazione araba, portoghese, tedesca e inglese. Nel periodo  della presenza araba la tratta degli schiavi fu qui particolarmente  intensa.

I sentimenti nazionalisti e indipendentisti del popolo di Tanganica furono canalizzati nella TANU (Tanganycan African National Union) partito fondato nel 1957 da Julius Nyerere, maestro di scuola, che il popolo chiamava Mwalimu (che significa appunto maestro). Dopo sette anni di organizzazione e di lotta contro la discriminazione razziale, l’appropriazione delle terre tribali da parte dei bianchi ed altri mali del colonialismo, nel 1961 il Tanganica  conquistò l’indipendenza.  Sotto la sua guida la Tanzania intraprese una politica estera basata sul non allineamento, la difesa dell’unità africana e l’appoggio ai movimenti di liberazione. Definì il socialismo come suo obbiettivo, affermò con priorità il principio di autosufficienza allo sviluppo della agricoltura tramite un sistema comunitario della proprietà (ujamaa=famiglia). Questo sistema, nonostante gli sforzi del governo, si sviluppò lentamente, non riuscì ad eliminare l’esigenza di importare generi alimentari e quando il sostegno pubblico venne a mancare a seguito della crisi economica dovuta alle spese militari (guerra con l’Uganda), al calo dei prezzi dei prodotti agricoli destinati all’esportazione ed aumento dei pressi dei prodotti industriali entrò rapidamente in crisi. Negli anni ‘90 l’apertura ai capitali privati, pur facendo registrare un aumento della produzione agricola ed industriale non riuscì a risolvere i gravi problemi del Paese.  La difficile situazione locale si aggravò ulteriormente a causa dell’afflusso massiccio di profughi ruandesi dopo il massacro di 500mila persone avvenuto in Ruanda. Nel 2000 la Tanzania divenne il terzo maggior produttore africano di oro grazie all’apertura della nuova enorme miniera di Bulyanhuli.

 

La nostra Tanzania 2012

a cura di Marco Torboli

La Tanzania sta attraversando un periodo di profonde contraddizioni: da una parte la diffusione di massa delle tecnologie e dall’altra il perdurante stato di povertà di gran parte della popolazione, tanto nelle città quanto nei villaggi. I notevoli investimenti esteri per l’adeguamento dei collegamenti stradali, al fine di consentire il trasporto delle merci provenienti via nave dall’Asia verso l’interno della Tanzania e degli stati confinati, si scontrano con un reddito pro-capite che a fatica garantisce i beni essenziali.

Mentre nelle città e sulla costa le attività ruotano intorno al commercio, nelle zone interne, complice un clima più piovoso, la popolazione basa la propria sussistenza sui prodotti di un’agricoltura condotta a livello familiare.

Nella zona di Ikonda, ove si trova il Consolata Hospital, sono coltivate ed esportate soprattutto le patate ed il mais, mentre è molto diffuso, vista la quota ormai prossima ai 2000 metri, il pino nero, utilizzato sia come legna da ardere che per la commercializzazione di legname da costruzione.

La Tanzania è stata negli ultimi secoli prima sotto la dominazione tedesca ed in seguito inglese. Eppure è stata in grado di mantenere la propria identità, iniziando dalla lingua. Infatti tutta la popolazione, nonostante le differenze etniche, è accomunata dalla lingua swahili, che in origine era parlata solo sulla costa, e in particolare sull’isola di Zanzibar, ed è stata poi adottata, per non dire imposta, in tutto il Paese.

I quaranta milioni di abitanti hanno un’aspettativa di vita di circa cinquanta anni e le principali cause di morte sono nei bambini la malaria, la diarrea e la polmonite, mentre gli adulti sono flagellati dal virus dell’HIV, presente, nella zona di Ikonda, in circa il 20% della popolazione.