Aprile 2012
Si sta bene dove e quando ci si sente come a casa.
Ad Ikonda sono stato bene.
L'obiettivo personale era alquanto semplice, una piccola goccia nell'immenso oceano. Eppure, anche quella piccola goccia ha fatto la sua parte, e questo per me è sufficiente. Si dice che lo sbattere delle ali di una farfalla possa generare uno tsunami a migliaia di chilometri di distanza, basta crederci.
In laboratorio mi è stata data la possibilità di esprimermi professionalmente, e non è affatto scontato che un'organizzazione dia carta bianca ad un perfetto sconosciuto.
Ho conosciuto una splendida realtà incastonata tra le belli e verdi montagne di una recondita Tanzania. Vi assicuro che ad Ikonda non c'è un ospedale qualsiasi: si distingue per le caratteristiche strutturali, gli ambienti puliti ed ordinati, una direzione attenta e sensibile, il personale preparato e cordiale, la disponibilità di farmaci e tecnologie, le cure efficaci che attraggono pazienti da località remote..
Non è facile mantenere una tale struttura in un Paese che alle spalle è dominato da una paura placata esclusivamente con la stregoneria ed in fronte è attratto da un prepotente consumismo mediatico. Nel mezzo un'economia che non decolla, fatta di finanziamenti della cooperazione internazionale che regolarmente finiscono nelle tasche sbagliate e dalla pressoché assoluta mancanza di imprenditoria locale.
Per me Ikonda non è solo un ospedale, bensì anche un luogo dove respirare umanità, stringere amicizie, conoscere storie, raccontare vite. Un luogo che si raggiunge con la presunzione di apportare qualcosa e che si lascia carichi di esperienze, gioie, ricordi.
Quando ad Ikonda si salutano gli amici ci si da una stretta di mano ed una pacca sulla spalla, ma difficilmente si dice dice "Dai, vieni a trovarmi", poiché un viaggio in Italia per loro non sarebbe economicamente sostenibile.
L'unica è tornarci!
Marco
Laureato in Tecniche di Laboratorio Biomedico
lavora presso il Servizio di
Immunoematologia e Trasfusione
Ospedale Santa Chiara Trento