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Sintesi Ornella Boldrini
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CONVEGNO IMPRESA ETICA SOLIDARIETA’
NON BASTA FARE IL BENE, BISOGNA ANCHE FARLO BENE
Questo aforisma di Denis Diderot, citato dal prof. Riccardo Milano nella sua lectio magistralis, sintetizza efficacemente spirito e logiche sottesi all’ideazione e al coordinamento del seminario in questione che, organizzato dall’Associazione Spagnolli – Bazzoni, si è tenuto il 14 febbraio 2013, presso la Sala Incontri delle Cantine Ferrari a Ravina.
Come è noto l’Associazione finanzia, attraverso le contribuzioni dei suoi sostenitori e il lavoro dei volontari, molteplici opere ospedali, presidi sanitari, villaggi per bambini abbandonati, scuole primarie e professionali -, soprattutto in alcuni Paesi dell’Africa sub-sahariana.
Conosciuto in particolare il progetto “Un amico in più per fermare l’Aids in Zimbabwe” che dal 2006 vede la Onlus legata al Gruppo Poli – Regina e a prestigiosi testimonial, quali Pippo Inzaghi e la Trentino Volley. L’operazione, sempre più radicata e seguita da migliaia di cittadini, ha consentito di raccogliere, attraverso la donazione dei punti, oltre 1.800 milioni di Euro (in essi compresi i risultati dell’ultima campagna), destinati alla cura dei malati di Aids.
Ma alle attività concrete - PER FAR DAVVERO BENE IL BENE - i membri della Spagnolli-Bazzoni hanno ritenuto che fosse necessario coniugare un approfondimento organico sui termini Impresa, Etica e Solidarietà; un trinomio sovente percepito come aggregazione solo formale, ma che, nel suo profilo storico, filosofico e religioso e nella sua ineludibile analisi prospettica, appare “come una cosa sola e giammai trialistica”[1] .
Il convegno si è aperto con il saluto del dott. Gino Lunelli, padrone di casa e presidente trentino dell’Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti e dell’assessore provinciale alla Solidarietà internazionale Lia Giovanazzi Beltrami. Entrambi, seppure con sottolineature diverse, hanno ribadito l’importanza del ruolo della responsabilità sociale d’impresa e del terzo settore nella diffusione di una cultura etica trasversale che contamini le coscienze e le spinga verso comportamenti più giusti.
L’introduzione è giunta da Pierangelo Giovanetti, direttore del quotidiano l’Adige e coordinatore del seminario. Il tema guida dei diversi contributi sarà – egli ha detto - la riflessione sulle antinomie tra l’Economia Classica, chiamata anche Morale, che poneva al centro dei suoi studi l’uomo nella sua interezza, e l’Economia neoclassica, secondo la quale il dovere etico dell’impresa è la ricerca del profitto. Nonché sul riaffermarsi del perseguimento degli interessi collettivi rispetto alla mera accumulazione di ricchezza per i soli azionisti.
A seguire la relazione del prof. Riccardo Milano, docente di Etica dell’Economia, cofondatore di Banca Etica, giornalista e autore di saggi di Etica della finanza e dell’economia. Nel suo intervento, icastico e affascinante, si sono intrecciati considerazioni e concetti economico/finanziari, filosofici, antropologici e religiosi e numerose citazioni che hanno conferito ulteriore spessore alla disamina. Ne è emerso un quadro composito e sfaccettato che ha trovato sintonie e coerenze con le esperienze, i valori e la sensibilità di ognuno dei presenti.
Difficile tracciare una sintesi dell’esposizione. Un suo passo forse risponde all’intento: “La crescita umana, civile, di capability [2]del mondo più povero non può passare solo dalla beneficenza e dalle elargizioni, ma da un nuovo spirito imprenditoriale in tutto il mondo. Una massima dell'Economia Francescana recitava: l'elemosina aiuta a sopravvivere ma non a vivere, perché per vivere occorre il lavoro, la produzione.
Oggi, quindi dobbiamo costruire un qualcosa per le generazioni future, come mutualità generazionale, che sappia coniugare il benessere con il ben-essere … Ma dobbiamo tutti darci da fare”.
Agli interventi di Mauro Poli e Carlo Spagnolli è stata invece affidata la presentazione del progetto “Un amico in più per fermare l’Aids in Zimbabwe”. Esempio paradigmatico di come già molti si diano da fare!
Il primo ha raccontato l’esperienza del suo gruppo societario nella gestione del programma ed ha spiegato quale è il loro approccio alla responsabilità sociale d’impresa e alla sua accountability (bilancio sociale e codice etico). I significativi esiti ottenuti con gli ormai sette anni di attività hanno aggiunto ulteriore valore alla sua testimonianza.
Suggestioni forti ha suscitato infine Carlo Spagnolli che ha accompagnato la narrazione con numerose foto dei “suoi” ammalati di Aids. Soprattutto di mamme che, nei tre centri di cura da lui diretti in Zimbabwe, ritrovano anche una loro dignità, lavorando e confezionando prodotti artigianali che vengono venduti in Trentino. Ma anche di bambini, recuperati alla vita, i cui sguardi dolci e penetranti e inconsapevoli hanno turbato e commosso.
Ai vari passaggi del convegno hanno fatto da contrappunto i brani suonati all’arpa da una raffinata Chiara Brun. Ali emozionali, offerte alle circa novanta persone presenti, per volare insieme verso nuove forme di armonia.
(Ornella Boldrini)
Relazione Riccardo Milano
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Etica, Impresa, Solidarietà
Relazione
di Riccardo Milano
Premessa:
- Tale riflessione cade, poi, in un momento storico come l'attuale, incentrato su di una “crisi”, che si sta dimostrando sempre più “culturale e sociale” piuttosto che solo economico/finanziaria ed in cui il mondo delle imprese, della finanza e dell'economia hanno bisogno di respirare aria nuova. Infatti siamo costretti, e forse per fortuna, a rivedere il nostro atteggiamento e pensiero rispetto a quel “perché” si fa una scelta economica e in nome di chi.
- Se si va poi a vedere il nostro ordinamento giuridico (in particolare il C.C. - Titolo II, Capo I – art 2082 e ss. e la susseguente giurisprudenza e letteratura) sull'impresa e sull'imprenditore ne emerge una realtà viva e sociale di altissimo rilievo che bisogna effettivamente tutelare e che non dev'essere, però, fine a se stessa/o. Il “cosa fare?” è quindi assicurato.
- Il problema che noi oggi affrontiamo (di fatto: può un'impresa essere solidale? Il comportamento etico dovrebbe essere la normalità...) va visto sì in termini di storia passata e, logicamente, di presente, ma soprattutto in ottica di futuro in quanto, e per mille ragioni, l'impresa dovrà svolgere la sua attività con nuove prospettive.
Relazione:
- Un aforisma di Denis Diderot recita: “Non basta fare il bene, bisogna anche farlo bene." Cosa vuol dire, in pratica? Per me questa affermazione ha ai nostri fini una duplice valenza:
- lavorare bene, creare ricchezza per se e per i lavoratori;
- lavorare bene, creare ricchezza per gli stakeholder con attività di sostegno di vario genere per la persona umana in genere. Ciò vuol dire rendere conto (Accountability) di quanto fatto come azienda nel creare ricchezza (economia e cultura) nel territorio In altre parole: essere solidali.
- Un po' di storia: come si sa, fino al 1700 l'Economia veniva studiata all'interno della Filosofia Morale. Ciò significava un'unità d'intenti sul come e il perché della vita, anche economica. In pratica si cercava di perseguire il bene della società e dell'individuo, ma con un'economia non dico informale, ma molto limitata. A Napoli, nel 1745 nasce la prima facoltà di Economia con l'Abate Antonio Genovesi che con le sue lezioni di Economia civile, commercio e Meccanica, porta a maturazione un percorso di Economia Civile di cui parleremo. Ci si basava ancora sulla Felicità di stampo aristotelico, ma si mettono le basi per una nuova Economia di sviluppo.
- Poi, dopo la lezione dell'Economia Politica e Capitalista di origine scozzese (Adam Smith, teologo morale), ha inizio pian piano la Scienza economica che ha condotto sia all'industrializzazione (le varie Rivoluzioni industriali) che hanno fatto percorrere alla persona umana passi da gigante in tanti senso (salute – la vita si è allungata di molto -, ricchezza, benessere, …), specie e soprattutto in Occidente, e sia, però, tramite l'Utilitarismo, anche a tante storture sociali ed antropologiche (si veda la lezione di George Simmel[1] sul denaro).
- Di fatto, la visione capitalistica (in senso tecnico e non politico) ha condotto ed accompagnato l'Uomo in questi ultimi due secoli, con tante problematiche ma anche con tante nuove esperienze (si pensi al Welfare) verso quello che oggi siamo.
- Ora la crisi sta cambiando gli antichi schemi e si abbisogna di un nuovo paradigma economico, visto che si è anche permesso di dar spazio alla Finanziarizzazione dell'Economia, che ha tentato di cambiare addirittura il ruolo del vivere, reimpostando la quotidianità e la vita stessa non più fondante sul lavoro, ma sulla rendita. L'impresa quindi non più come bene collettivo da cui generare un senso del lavoro (come recita anche la legislazione italiana), inteso sì come sacrificio, ma anche come realizzazioni dei propri saperi e della propria manualità. Le contrattazioni finanziarie sempre impostate all'accumulazione di capitale slegato dall'economia reale (sebbene l'attività finanziaria sia e/o dovrebbe essere al servizio dell'attività economica) hanno dato, come una vittoria di Pirro, ingenti quantità di denaro fittizio (si ricordi che i soli derivati presenti sul mercato sono 10 volte il PIL del mondo[2]) che hanno arricchito le persone (ma poche), e paradossalmente, hanno dato in beneficenza molto di più di quanto era possibile con l'impresa: denaro però sterile, non frutto di sudore e basato su di un'ambivalenza sua intrinseca che poi non poteva che riversarsi contro tutti in questa crisi. Denaro frutto di speculazioni finanziarie che non solo non ha dato contributi allo star meglio dell'umanità, ma che ha addirittura peggiorato il quadro mondiale[3]. Si possono, quindi, avere dubbi su di un simile mercato e sull'etica soggiacente? Io credo fermamente di si.
- Ed ora cosa fare? Bisogna ritornare ad alcuni concetti dell'Economia Civile coniugata con l'Economia Capitalistica e con il mondo del Welfare. Una cosa nuova! E forse l'unica in grado di tirarci fuori dalle secche in cui siamo... Bisogna mettere insieme realtà quali lo Scambio d'equivalenti (tipica dell'Economia Capitalistica), la Ridistribuzione del reddito (tipica del Welfare) e la Reciprocità (tipica dell'Economia Civile). Di fatto bisogna che tutti noi torniamo indietro dalla realizzazione del BENE TOTALE, cui siamo stati abituati, a quella del BENE COMUNE[4].
- Credo che il futuro sia questo, così come propone anche l'Enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI. Solo così sarà possibile coniugare, in base alla Reciprocità, concetti di cui si è abusato, come quello della solidarietà[5] e che bisogna ricominciare a reinterpretare. Mi riferisco all'integrazione con la Fraternità[6], la Gratuità, l'Economia del Dono, e così via... e che non è affatto vero che sono concetti non economici. Infatti essi sono fondamentali nella realtà economica. L'azienda, prima attrice di ciò in quanto “opera” sia con le persone che con le materi prime e con il denaro, vive nel suo intimo e non solo sulla sua pelle, questa realtà di essere da una parte un motore di sviluppo, ma dall'altra anche una fonte di energia con la ridistribuzione del reddito e la capacità della stakeholder value (che per certi versi si contrappone alla shareholder value, … molto più di moda).
- Dove questi concetti, in modo embrionale o in modo acclarato sono presenti abbiamo delle aziende dove la R.S.I. si vive intrinsecamente, anche se magari non supportata da Bilanci Sociali[7], ecc. E queste aziende rispondono molto meglio alla crisi.
- È dalla conoscenza di ciò che l'impresa può guardare agli altri con occhi nuovi, sostenere non solo il mercato come oggi si dice (ossia di prassi quello finanziario), ma quello vero, reale, sociale, ossia quello che ha iniziato a formarsi nell'Italia dei Comuni anche con l'apporto dell'Economia Francescana e che è TUTTORA valido.
- Certo, oggi l'impresa stessa deve cominciare ad interrogarsi su cosa produrre per il futuro, con quali limiti e con quali modalità. La questione ambientale, la questione umana ed antropologica in senso lato del mondo, e così via, pongono problemi alla crescita o, meglio, allo sviluppo. Quanto possiamo ancora produrre? Cosa dobbiamo e non dobbiamo produrre?
- Implicitamente si ripropone la domanda di sempre, così come ben interpretata da Erich Fromm: “Avere o essere?” Un'impresa attenta a queste sfaccettature, ossia l'impresa che vuol costruire veramente e seriamente qualcosa di valido e di duraturo, deve pensare a ciò e non solo alla “crescita” dei suoi bilanci. Anche la ricchezza ha dei limiti sia soggettivi che oggettivi e di questo bisogna tenerne conto.
- La crescita umana, civile, di capability[8] del mondo più povero, e così via, non può passare solo dalla beneficenza e dalle elargizioni, ma da un nuovo spirito imprenditoriale in tutto il mondo. Una massima dell'Economia Francescana recitava: “L'Elemosina aiuta a sopravvivere ma non a vivere, perché per vivere occorre il lavoro, la produzione”. Oggi, quindi dobbiamo costruire un qualcosa per le generazioni future, come mutualità generazionale, che sappia coniugare il benessere con il ben-essere. Non è cosa da poco...
- A questo punto, però, non si può lasciare sola l'impresa (sia quella che dona e sia quella che non dona in quanto concentrata solo sui profitti per un arricchimento), ma bisogna che vi sia un'opera di istruzione e formazione di noi tutti, della popolazione, specie di quella sensibile. Bisogna ricominciare a ripensare il senso del risparmio, dell'investimento, della produzione che non sono monadi, ma che vivono in un sistema integrato nel quale convivono ambiente, responsabilità personale, capability, ben-essere individuale e collettivo, e così via.
- Dobbiamo renderci conto della lezione del passato che ci ha concesso negli scorsi secoli sia la povertà e sia la ricchezza: oggi il travaso di ricchezza, per certi versi, dai paesi occidentali, una volta ricchi ed in costante sviluppo, ai paesi che erano poveri (si pensi ai BRICS) ci pone sfide nuove che non si risolvono solo studiando i manuali di economia, ma anche quelli di altre discipline; tuttavia ad una sola condizione: guardando l'uomo, l'uomo comune, in faccia, così come ci ha insegnato Emmanuel Lévinas non molto tempo fa ma che abbiamo, ahimè!, troppo in fretta dimenticato.
Conclusione:
- Quanto ho scritto nel mio abstract, ossia la domanda socratica della vita (cui va aggiunta la problematica de “Il cammino dell'Uomo” di Martin Buber: “Adamo, dove sei?”) e l'affermazione benedettina, ci inducono a ripensare necessariamente in questo momento storico sia la Politica (il senso dello Stato e della sua amministrazione), il senso dell'Impresa e del lavoro, dell'Economia e della Finanza e anche e soprattutto dei rapporti umani – si pensi, ad esempio, la crescente immaterialità delle relazioni).
- Una cosa è però certa: la prospettiva futura del vivere non potrà che privilegiare in maniera organica sviluppo, ambiente e rispetto delle persone. Nel passato abbiamo quasi sicuramente sbagliato a vedere queste problematiche in modo separato e oggi ne paghiamo le conseguenze.
- Attività di senso come la Finanza Etica, il Mercato Equo e Solidale, la Responsabilità Sociale d'Impresa, la riaffermazione costante da parte della D.S.C. (anche se sembra non con tanto successo) dei Nuovi Stili di Vita, e così via, ma in pratica e in modo omni- comprensivo l'Economia Civile, oggi s'impongono come dei must irrinunciabili.
- La Solidarietà non è solo un'opera etica e/o di buon cuore, ma una necessità purché espressa, come detto, con nuove formule quali la fraternità, la gratuità, e così via. Non ho dubbi che il Cittadino, la Pubblica amministrazione, la stessa Impresa che farà così avrà un surplus di qualità e di utili e sarà premiata non perché “fa del bene”, ma perché applica la “giustizia”, specie quella “distributiva” che porta alla ricchezza di tutti.
- L'affermazione di Diderot va, quindi, ripresa: “far bene il bene” non è certo facile ma è obbligatorio sia per la propria “salvezza” che per quella altrui.
- Concludendo: Etica (ossia il comportamento di chiunque), Impresa e Solidarietà sono una cosa sola e giammai trialistica (o dualistica in senso ampio), ma esse sono all'interno di uno stesso disegno, esattamente come l'antropologia biblica insegna (corpo ed anima sono una cosa sola). Il perseguire per un'impresa un'attività solidale/assistenziale, specie quella che nasce dal profondo dell'impresa stessa come frutto di una meditata elaborazione di un pensiero sociale (come ci stanno insegnando coloro che siedono a questo tavolo) non ci può che tranquillizzarci per il futuro, nella consapevolezza che quanto fanno va nella direzione non di una mera beneficenza, ma di quella dello sviluppo dei popoli, così come auspicava l'Enciclica Populorum progressio di Paolo VI.
Speriamo, ma dobbiamo tutti darci da fare, che questo pensiero si allarghi sempre di più.
Grazie
[1] “… per Simmel il denaro è l’origine e la causa della depersonalizzazione e dell’estraneità dell’uomo moderno sia a livello sociale che a livello individuale; infatti, l’unica qualità che definisce il denaro e lo caratterizza in quanto tale consiste unicamente nella quantità, ossia nella pura impersonalità che si manifesta con tutta la sua potenza negli scambi monetari. Impersonalità, imparzialità, neutralità sono le non-qualità che caratterizzano il denaro come grandezza esclusivamente quantitativa; esso evita la guerra guerreggiata ma innesca un conflitto astratto e dialettico che non porta alla morte ma alla povertà e alla sottomissione economica e culturale se non alla schiavitù degli uomini e dei popoli sconfitti.”
[2] Altri dati sono: una singola banca statunitense detiene strumenti derivati per un nozionale che si aggira sui 78.000 miliardi di Dollari. Complessivamente quattro banche controllano un ammontare di derivati intorno ai 200.000 miliardi di Dollari. “L'eccessivo” debito pubblico italiano, una delle prime 10 economie del pianeta, è circa l'1% di questa cifra.
I beni e servizi importati ed esportati nel mondo tra diverse nazioni ammontano a 20.000 miliardi di Dollari all'anno. Il commercio di valute ha superato i 4.000 miliardi di Dollari al giorno. Questo significa che circola più denaro in soli 5 giorni sui mercati finanziari che in un intero anno nell'economia reale, o, in altre parole, che circa il 99% delle operazioni sul mercato delle valute non è legato a beni e servizi prodotti e scambiati, ma unicamente a guadagnare sulle oscillazioni valutarie. Soldi che inseguono altri soldi per fare altri soldi.
Negli U.S.A. Il 70% delle operazioni sui mercati finanziari è seguito da computer, senza nessun intervento umano. In Europa tali operazioni sarebbero “solo” il 40% del totale. È il cosiddetto Hight Frequency Trading o commercio ad alta frequenza in cui le transazioni sono realizzate nell'arco di alcuni millesimi di secondo.
Solo in Usa il sistema bancario ombra - tramite i Paradisi fiscali - nel 2007, ossia alla vigilia della crisi, valeva $ 20.000 Mld a fronte di quello ufficiale con $11.000 Mld. Come a dire che ogni filiale bancaria Usa aveva alle spalle due filiali “fantasma” strettamente legate alle stesse banche, ma al di fuori di ogni controllo. Si aggiungano poi anche le dark pool, ossia piattaforme finanziarie sulle quali si contratta in forma anonima. Ogni giorno vi si negoziano 15 mila miliardi, rigorosamente fuori dai radar delle normative internazionali sulla trasparenza. Nel 2010 il totale delle transazioni valeva € 500.000 Mld, ed è in costante aumento. Bnp Paribas, Deutsche Bank, Credit Suisse, Société Générale sono tra le grandi banche che utilizzano questi strumenti. Ma non è finita: sono state create anche le Multilateral trading facility (Mtf) che sono delle piazze parallele a quelle ordinarie. In altre parole, si tratta di uno dei più ampi segmenti dei mercati Over-the-counter (Otc), non regolamentate. All'interno dei sistemi Mtf si possono scambiare titoli, obbligazioni, liquidità, esattamente come in una Borsa regolamentata.)
[3] E oggi possiamo dire che abbiamo tutti perso sia con il forte ridimensionamento del risparmio investito, per gli andamenti mondiali delle attività finanziarie, e sia i posti di lavoro con la crisi industriale e lavorativa.
[4] La differenza tra Bene Comune e bene Totale è: mentre il “Bene Totale” ragiona per addizione dei singoli beni individuali, il “Bene Comune” ragiona per prodotto dei beni individuali. Ora si sa che in un'addizione, se alcuni addendi hanno valore “0” la somma non cambia (se c'è un ricco con 1 Mld e cento poveri con pochi soldi, la somma tiene sempre conto del Mld dell'unico ricco). Ma se si ragiona con la logica del prodotto, allora basta che ci sia un solo “0” e tanti altri fattori anche grandissimi e il prodotto finale sarò comunque “0”! Il che vuol dire che se non tengo conto delle persone in difficoltà, il cui benessere è prossimo a “0” non vale più la logica del “Bene Comune”. In altri termini: Il bene comune è il mio bene ASSIEME al tuo e a quello degli altri.
[5] Possiamo definire la Solidarietà come quel principio di organizzazione sociale che permette ai diversi di essere uguali.
Abstract Mauro Poli
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Etica impresa e solidarietà
Il mio intervento verte sul raccontare la nostra esperienza, di come un' impresa può essere solidale.
Un'impresa privata, spesso è additata di avere come unico scopo il profitto degli azionisti, ma se costruita su Valori forti e condivisi può avere dei risvolti etici molto importanti. In un ambito territoriale “ristretto” come quello in cui noi stiamo operando inoltre, il contributo che ritorniamo ai nostri Stakeholder ed al territorio risulta in determinati contesti fondamentale.
Quando l’impresa è etica ?
Quali sono gli strumenti per svolgere una gestione etica del proprio business? Che vantaggi può trarre un’impresa nell’adottare comportamenti etici ?
Quali sono i costi ?
Nel rispondere a queste domande l’obiettivo è quello di contestualizzare l’attività del Gruppo Poli che da più di dieci anni si è dotato di strumenti per poter attuare un gestione etica della propria impresa, acquisendo credibilità e consenso dai principali Stakeholder.
Si vuole inoltre introdurre l’argomento legato al progetto un Amico in più per fermare l’AIDS, ponendo un accento particolare sulla modalità, per noi innovativa, di sostegno alle popolazioni povere dello Zimbabwe, ponendosi come obiettivo di massimizzare i risultati e diffondere una cultura solidale all’interno dell’impresa e del territorio. I risultati molto importanti che siamo riusciti a raggiungere chiudono l’intervento.
Abstract Riccardo Milano
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Abstract
Etica impresa solidarietà
di
Riccardo Milano
Trento, 14 Febbraio 2013
La domanda socratica[1]: “come bisogna vivere?” e l'affermazione benedettina: “ora et labora”[2], da una valenza universale di senso della vita, comportano anche una riflessione sul senso del lavoro e, quindi, dell'Economia in generale.
Il senso del lavoro come costruzione del Regno, con la manualità e l'intellettualità tipiche dell'uomo, fa sì che tutto il rapporto economico[3] nascente e soggiacente sia di ausilio allo sviluppo umano e sociale: di conseguenza non è mai l'uso dell'arricchimento (personale e/o collettivo) come fine ultimo dell'agire, ma quello della ricchezza[4] comune per cui la crescita umana[5] va di pari passo con il rispetto della natura e dell'ambiente, proprio in un'armonia del creato.
Come la storia ci insegna, tale percorso si è andato modificando passando man mano dall'Economia, con l'Economia classica (in cui preminente era l'aspetto della ricerca della “felicità” e della ricerca di senso dell'uomo, grazie anche alla reciprocità), alla Scienza economica, con l'Economia neoclassica o marginalistica (in cui ci si basa quasi solo esclusivamente sullo scambio di equivalenti e la redistribuzione) facendo leva sia sull'Utilitarismo e sia sul profitto. Ciò fino ad arrivare alla cosiddetta querelle “Friedman contro Freeman” - nella seconda parte dello scorso secolo - sulla Responsabilità Sociale d'Impresa (ma in ultima analisi sul senso di fare impresa) dove per il primo[6] il dovere etico dell'impresa si limita al perseguimento del massimo profitto e all'obiettivo di aumentare la ricchezza degli azionisti; per il secondo[7], invece, la responsabilità sociale è la scelta ottimale dell'impresa che vuole minimizzare i costi di transazione e potenziali conflitti con tutti i portatori d'interessi (stakeholder). Tale concezione è, a mio pare, molto più realistica poiché riconosce l'imperfezione del nostro mondo ed è consapevole dello sforzo di noi tutti (imprese, cittadini ed istituzioni) per superare tali imperfezioni; ciò a differenza di Friedman la cui posizione ha senso in una società perfetta, dove esistono regole certe che limitano la possibilità d'arbitrio delle imprese (es. fare più soldi per gli azionisti abbassando il grado di tutela e di sicurezza sul lavoro) e in cui le Istituzioni e le Regole svolgono adeguatamente il compito di tutela degli interessi collettivi e delle esigenze redistributive.
La finanziarizzazione dell'economia, iniziatasi negli anni '70, ha poi spostato l'ottica dall'impresa e dal lavoro (è il lavoro che dà da vivere e produce reddito) alla finanza che fa leva sul fatto di “fare soldi con i soldi” e di puntare più che altro alla rendita e al vivere di rendita (e non di lavoro).
Da qui, sia la formazione di una enorme bolla di ricchezza che successivamente ed in poco tempo, dapprima con le tante crisi e poi con lo scoppio di “questa” crisi epocale, ha distrutto sia la ricchezza finanziaria e sia quella del lavoro (e lasciando tutto il mondo più povero ed insicuro ).
Ne deriva, quindi, la necessità di un ritorno a teorie economiche che abbisognano di riprendere in mano una visione più concreta e antropologicamente sensata della persona umana che è fatta di spirito e corpo (con sentimenti) e non solo di razionalità economica.
Argomenti come bene comune, beni comuni, condivisione, nuova economia sociale o Economia Civile, finanza etica, e così via, riportano a temi importanti quali l'Etica, il giusto comportamento, il senso del vivere e la ricerca di una vision per l'umanità. Lo stesso concetto di Profit/non Profit va oggi rivisto e coniugato, così come la Caritas in veritate sostiene[8] e in cui il Terzo settore deve farsi apportatore di attività veramente economiche e di nuova cultura[9], contaminanti, e non più svincolate da una necessaria ragione economica.
In tale contesto c'è necessità di un apporto personale di ciascuno di noi e nessuno può non considerasi un attore importante. Il compito di ricostruire una società ed un pensiero culturale, anche economico, è di tutti.
[1] già utilizzata da Amartya Sen nel primo saggio Etica ed Economia che ha smosso il mondo economico reintroducendo fortemente l'etica. L'affermazione socratica è nel Gorgia di Platone
[2] In verità l'allocuzione è: lege, medita ora et labora. Tuttavia non c'è nella Regola, né è stato coniato dai monaci, ma applicato ad essi da altri.
[3] economia: dal greco οἴκος (oikos), casa inteso anche come "beni di famiglia", e νόμος (nomos), norma o legge; quindi amministrazione della casa
[4] Si ricordi che la ricchezza include quasi sempre la cultura, mentre l'arricchimento è di solito solo accaparrare più beni possibili.
[5] Famosa è la distinzione di Aristotele tra Economia (oikonomiké, funzionale al soddisfacimento dei bisogni della famiglia e della comunità) e Crematistica (chrematistiké, creazione di ricchezza conseguente all’accumulo di denaro per se stesso). In Etica Nicomachea, libro V
[6] Milton Fridman è stato un importante pensatore/economista ed i suoi studi hanno influenzato molte teorie economiche, soprattutto in campo monetario. Fondatore della Scuola monetaristica di Chicago, è stato insignito del Premio Nobel per l'Economia nel 1976. Egli scrive: “Few trends could so thoroughly undermine the very foundations of our free society as the acceptance by corporate officials of a social responsibility other than to make as much money for their stockholders as possible.” In Capitalism and freedom. pag. 133 (“Poche tendenze possono minare in modo veramente profondo le fondamenta stesse della società libera come l'accettazione da parte dei dirigenti d'impresa del criterio della responsabilità sociale a differenza di quello di fare più soldi possibili per i propri azionisti”).
[7] Robert. E. Freeman è un filosofo/economista americano ed è conosciuto per la sua teoria degli stakeholder.
[8] “Serve, pertanto, un mercato nel quale possano liberamente operare, in condizioni di pari opportunità, imprese che perseguono fini istituzionali diversi. Accanto all’impresa privata orientata al profitto, e ai vari tipi di impresa pubblica, devono potersi radicare ed esprimere quelle organizzazioni produttive che perseguono fini mutualistici e sociali. È dal loro reciproco confronto sul mercato che ci si può attendere una sorta di ibridazione dei comportamenti d’impresa e dunque un’attenzione sensibile alla civilizzazione dell’economia”.(38)
Studio dentistico Luisa Guidotti Hospital - Zimbabwe
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